Pagina (539/1163)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      - Alla quale domanda il re superbamente rispose: I nostri soggetti che contro a noi hanno infierito a morte domandano patti? Ebbene, io li perdonerò, ma voglio ottocento statichi, dei quali farò a mia volontà, e tengano da me quella signoria che a me piacerà siccome loro signore. - E notate, donne, i nostri padri guelfi lo chiamano il buon re Carlo.
      Il Signore gli dia nell'altra vita mercede condegna ai meriti suoi!
      soggiunsero le donne; - "ma i Messinesi qual davano risposta alle tracotanti parole?"
      Ecco, ce l'ha conservata Giacotto Malespini, storico guelfo, che Dio lo perdoni
      , continuò Ludovico: "Anzi volerne morire dentro alla nostra città colle nostre famiglie combattendo, che andare morendo in tormenti e in prigioni e in istrani paesi(200)."
      Oh i gloriosi cittadini! Onore ai valentuomini!
      con le voci e palma battendo a palma plaudivano le donne.
      Udite!... però la terra in parte non aveva mura, e il re da quel lato dette un furiosissimo assalto: i Messinesi si difesero, come si difende l'uomo il quale combatte per gli affetti più cari che la natura c'infuse nell'anima: dopo sanguinosissima battaglia ributtarono il nemico aspramente. Il re Carlo si ritirò a notte, fermo nel consiglio di espugnare alla dimane la terra o morire nella mischia. Cotesta fu una molto terribile notte pei Messinesi, e come disperati si sconfortavano: se non che le donne loro gli sostentarono, gli abbattuti spiriti ravvivarono, e rovinando case e tempii al chiarore delle fiaccole, con isforzi miracolosi nel breve spazio della notte munirono di muro quella parte di città che n'era senza.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Carlo Messinesi Giacotto Malespini Dio Ludovico Messinesi Carlo Messinesi