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      - Alla croce di Dio, cotesto spettacolo pareva incomportabile per anima viva.
      Ma che forse mancano servi, amici o parenti al Morticino, i quali valgano a strapparlo da tanto orrore? - Un vecchio fante gli si era accostato sommesso e con molta pietà gli aveva susurrato all'orecchio le parole di - provvidenza, - rassegnazione, - preghiera, - ed altre consimili, le quali non rinverdirono la foglia caduta; - ed egli non vi aveva posto ascolto, se non che, travagliato dallo importuno ronzío, si scosse, si avvisò di quello che era; la parola - pazienza - gli suonò piena di amarezza nell'anima: allora tanta ira lo vinse che stretta la daga la menò con rabbiosissimo impeto contro il suo consolatore: ben pel vecchio che fu a tempo a curvarsi per modo che il taglio della daga gli recise le vesti, e così a flor di pelle gli graffiò l'epidermide del ventre - altrimenti, rovesciate le viscere sul pavimento, quivi l'infelice moriva. Dopo lui nessun altro ardì mettersi alla ventura.
      All'improvviso si spalancano le porte, uno splendore di ceri, un salmeggiare di frati empie la sala: si abbassa una croce e, trapassata la soglia, torna a sollevarsi nella sua superba umiltà. I frati della cura venivano pel morto.
      Così tremenda urlò il Morticino una bestemmia, che lo splendore dei lumi sparì, siccome era apparso, veloce: i frati sbigottiti, lasciatisi andare i ceri di mano, si cacciarono a precipizio giù per le scale; - il segno della salute vacillò e cadde, - quasi la bestemmia lo avesse côlto a guisa di un colpo di balestra.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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