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      Chi fosse Girolamo Morone ora non cade in acconcio di qui raccontare. Di lui scrivono tutti gli storici del tempo; meglio degli altri Francesco Guicciardini.
      Filiberto adesso, ponendovi mente, ode rumore di guerra; - intende col guardo nelle ombre e poco si addentra; - all'improvviso un baleno illumina la città, il piano, quanto i colli circondano; e in quella subita luce vede, o pargli vedere, una zuffa, una fuga, un viluppo terribile di uomini e di cose.
      Dico di cose, perchè discerne scorrere di qua e di là pel lampo certi grossi volumi bianchi che dando di cozzo alle tende, vi s'impigliano dentro e le fanno cadere: - poi la pèsta cresce; - diventano gli urli e lo strepito delle armi percosse più distinti; - di repente le mura di Firenze parvero circondate da una cintura vermiglia, e poco dopo rimbombò una scarica di cannoni grossi pel cavo dei colli. Allora si accòrse di quello che fosse; ma i capitani e i consiglieri non apparivano; - intanto il pericolo si accosta. Stava per dar fiato al suo corno, quando affannosi, mezzo armati, accorsero tutti in gruppo i principali dell'esercito in cerca di comandi. Filiberto nella urgenza del caso rinfranca l'animo smarrito; in presenza della morte il timore di morire lo abbandona; manda Pirro Colonna e il conte di San Secondo là dove più feroce conobbe essersi appiccata la mischia; spedisce messaggi ai colonnelli più lontani affinchè si armino, si stringano insieme e non si muovano se non ricevono avviso. - In questo ecco Baccio Valori come smemorato affrettarsi alla volta del principe, il quale, riconosciutolo appena al chiarore di un lampione, gli disse;


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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