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      Tuccio, fra gli antenati incliti di lui più illustre di tutti, oltre i supremi uffici della Repubblica gloriosamente esercitati, oltre l'avere dato mano alla terza cinta delle mura di Firenze ed avere combattuto in quasi tutte le battaglie dei suoi tempi, sortì dai cieli la fortuna di respingere Arrigo VII tedesco, dai muri di Firenze, e l'onore insigne di trovarsi compreso nella nota, che il respinto imperatore pubblicò a Poggibonsi, dei cittadini che più degli altri si travagliarono a cacciarlo via, dichiarandoli tutti ribelli e felloni. Antonio suo bisavo, sotto il governo del magnifico Lorenzo dei Medici, con suo onore si travagliò nella guerra di Pietrasanta e Sarzana. Simone, suo maggiore fratello, fu soprammodo accetto al Giacomino Tebalducci, il quale, finchè stette commessario alla impresa di Pisa, lo chiese sempre ai Dieci per servirsene nei casi di guerra. Francesco, da giovane, molto si dilettò di cacce; per la qual cosa gran parte dell'anno si tratteneva in certa sua possessione nel Casentino; chiamata la Tomba, dove nutricava un solo astore, di più non potendo in grazia della sostanza non troppa e della molta famiglia; poi venne a Firenze e poco fu vago di lettere, della mercanzia meno, dacchè, messo al banco di Rafaello Girolami, dopo esserci rimasto torbido e svogliato intorno a trenta mesi, toccato il quindicesimo anno, come ristucco di repente partì e non volle saperne altro. Costumava assai la compagnia dei bravi, donde mostrandosi più pronto di mani che di parole, sostenne con suo onore parecchie contese, fra le quali sporgono fuori quelle col capitano Cuio per conto di laido scherzo, e col Boccali a cagione della Sellaina, di cui chi avrà vaghezza di sapere più oltre, potrà cercarne nella vita che ne scrisse Filippo Sassetti; meglio alla lode del personaggio ed alla futura fama di lui varrà ricordare come, ridottosi a vivere in campagna, tali prove vi fece così di prudenza come di ardimento che i popoli di Romagna, per natura riottosi, a lui per arbitro delle liti soventi volte ricorrevano, ed egli in destro modo le acconciava, venendo in questa guisa a procacciarsi la reverenza e l'amore di tutto il paese.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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