Però fino a trentotto anni non ebbe uffizii pubblici: chè tali non si vogliono chiamare le potesterie di Campi, di Radda e del Chianti, comecchè in questo ultimo magistrato palesasse la natura sua impazientissima a patire torto e la prontezza di vendicarlo; avvegnadio certi venturieri ai soldi dei Sanesi avendo fatto incursione su le terre della Repubblica e rubatovi grossa preda, egli, messi insieme alquanti archibusieri, assaltò francamente i saccardi e, menatone aspro governo, li costrinse a restituire le robe rubate. Nè di ciò deve l'uomo prendere maraviglia, vedendosi per le storie come nei tempi ordinarii e tranquilli primeggino ai governi i potenti, nei difficili i virtuosi, per essere poi rovesciati o spenti cessato il pericolo: vicenda che ogni dì si predica finita, e che ogni dì si rinuova. Fortuna fu non sua, bensì della gloria di questa patria nostra, che Giovambattista Soderini, personaggio gravissimo, avendogli posto gli occhi addosso, e piaciutegli le maniere del giovane, se lo facesse domestico, cercando sviluppare in lui quella virtù, che conobbe come un tesoro nascosto posarglisi nel cuore; intendimento e prova che superarono di gran lunga la speranza. Quando pertanto il Soderini e Marco del Nero andarono commessarii delle genti fiorentine al conquisto di Napoli con monsignor di Lautrec, lo condussero seco, e, fedele compagno nella prospera come nella contraria fortuna, nella rotta dell'esercito francese cadde co' commessarii prigione; dalla quale prigionia, secondo quello che avvertimmo, venne riscattato da messer Tomaso Cambi Importuni, ma a quanto sembra, co' propri danari.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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