Poi si ridusse in patria; dove alcun tempo stette senza essere adoperato. Udendo i Dieci il mal governo di Lorenzo Soderini commessario a Prato, pensarono dargli un compagno e crearono il Ferruccio; il quale recatosi all'ufficio e, malgrado la obbligazione che aveva con la casa Soderina, non trovando cosa in Lorenzo che non fosse degna di rampogna, lo ammoniva con parole cortesi; e quando conobbe i suoi consigli disprezzati da cotesto ingegno vano del pari che superbo, acremente lo riprendeva. I Dieci licenziarono ambedue e poco appresso, della virtù di Ferruccio persuasi, lo elessero commessario in Empoli.
Or che fa egli in Empoli il nostro Ferruccio? Appena giunto, saldò le paghe ai soldati, li rassegnò, li ammonì che come d'ora innanzi nessuna bella azione sarebbe andata senza premio, così nessuna trista passerebbe senza pena; si tenessero pertanto avvertiti: un soldato nella rassegna uscito di fila, richiese il commessario gli fosse cortese di spedire alla sua famiglia a Firenze due ducati, e gli dette l'indicazione dei luoghi e delle persone; della quale indicazione presa nota Ferruccio rimandò il soldato al suo posto, dicendo: "Va, tienti i ducati; manderò a tuo padre un fiorino del mio." Esaminò le mura, rinforzò le vecchie torri, ne fabbricò nuove, scavò fossi, prolungò le cortine per inchiudere nel recinto alcuni molini che rimanevano fuori: considerando poi disagevole la difesa di circonferenza sì vasta, distrasse le cortine, abbattè i molini e i borghi circostanti, copia di vettovaglie raccolse, munizioni di guerra di ogni maniera adunò; solertissimo a soddisfare alle paghe dei soldati, non sofferse rimanessero di un giorno solo in ritardo; e certa volta che da Firenze non gli vennero danari, pagò dei suoi, e restando pur tuttavia debitore, si tolse dal collo una collana di oro e, rottala in pezzi, ne presentò i capitani; invano rifiutarono questi, ch'egli insistendo favellò: "Poichè io più di voi amo la mia terra e più ne sono amato, ragion vuole che per lei spenda in cortesia"; e poco dopo vedendo che pur sempre ricusavano, "Prendete", aggiunse, "prendete; egli è ben giusto che a me si debba premio più scarso di danaro, perchè ricevo maggiore guiderdone di gloria; noi combattiamo insieme le medesime battaglie; i pericoli stessi, i patimenti duriamo, e forse il mio nome solo vivrà, rimarrà il vostro sepolto con voi.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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