Il cielo invita, tanto apparisce limpido e azzurro; - non pertanto oggi non desidero morire... sento che adesso mi fa bene il vivere.
CAPITOLO DECIMOTTAVO
AMORE
Ti xe bella, li xe zovene,
Ti xe fresca come un fior.
Vien per tutti le so lagrime;
Ridi adesso e fa' l'amor.
Barcaruola veneziana.
Belle luci di amore, siete sublimi quando l'aere si distende sereno, e l'orizzonte è azzurro. Vi saluterò io, fiori immortali della eterna primavera dei cieli? O piuttosto ninfe divine che venite a rinnovare i vostri cori per le volte eteree del firmamento? - Perchè, se ai nostri occhi è dato contemplare i vostri moti, non possiamo ancora deliziarci nei vostri suoni? Ah! forse le nostre fibri destinate a morire mal potrebbero sostenere le vibrazioni della lira celeste. Voi non usciste di mano a Dio per guardare la terra; che cosa è ella mai questa piccola massa di fango sanguinosa verso di voi tanto magnifiche, tanto raggianti di proprio splendore? No, voi non guardate la terra, altrimenti le vostre palpebre sarebbero adesso intenebrite nel pianto, - e quel vostro limpido tremolio diventato vermiglio come il pianeta di Marte. Poichè da voi emana luce, non lacrime, voi non guardate la terra, nè vi cale guardarla; ella si avvolge dentro un manto di nuvole: - ella sovente ai vostri castissimi raggi maledice. Caino invocò perenni le ombre e l'abisso sopra il suo capo fulminato. - Voi non morrete, figlie primogenite del pensiero di Dio: nel giorno della distruzione egli vi radunerà con amore e se ne comporrà un diadema per la sua fronte immortale - e quando il suo spirito, come nei secoli precedenti alla creazione si trasporterà sopra le acque, se lo prenderà fastidio della sua immensa esistenza, si guarderà nello specchio dell'oceano mostruoso e dirà: Io mi son fatto un magnifico diadema!
| |
L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
|
|
Dio Marte Dio
|