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      - Dove egli spegnesse anche voi n'esulterebbe lo spirito degli abissi, come esultò il giorno nel quale vide pullulare sopra la terra la pianta avvelenata della tirannide.
      Modeste come vergini, leggiadre come angioli, la mia anima vi séguita, o stelle, nei vostri notturni pellegrinaggi con sacro raccoglimento: voi avete potenza di sollevarla dalle miserie e dalle infamie della vita; da voi in lei scende virtù che la consola: - voi blandite i suoi mille dolori; - confortata da voi, ella si affretta a compire il suo pellegrinaggio, quasi un esule alla patria diletta.
      Ah! se veramente composto di spirito e di corpo potrà il mio spirito sciolto avvolgersi volando tra voi, - immergersi nei tesori della luce e dell'armonia, allora fingete la morte con le sembianze dell'Ebe di Canova, coronatela di rose, le ponete nella manca un nappo gemmato, nella destra un vaso pieno di un liquore composto di speranza e di obblio, - ambrosia divina che addormenta la vita.
      Ma se, invano pietose sogguardando il mio sepolcro, quanto ora di me rimase coperto della terra, se il mio occhio non potrà vagheggiarvi, il mio labbro benedirvi, allora io mi contristo su la vita che manca come di un amico che mi abbandona, di un fiore che mi si appassisce tra le mani, - dell'amore che mi si disperse in un sospiro per l'aria.
      Egli dormiva, e la vergine gli vegliava a canto, e considerando quella fronte pacata, la prese vaghezza di deporvi un bacio. Il bacio ebbe virtù di svegliare Vico, che glielo rese tremante su i labbri.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Ebe Canova Vico