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      Io sono Giovanni Bandini, - e sgombrami il passo.
      Tu di qui non uscirai, se non che morto.
      Figlio di madre infelice tu sei, se più oltre ti ostini a impedirmi il cammino; - ritirati, - tu ne hai tempo ancora; - io non voglio vederti; - sappi che di rado ho replicati i miei colpi; - vattene... e vivi.
      Anzi io rimango, - e muori; - domani il carnefice ti scriverà l'epitafio su la cima della forca.
      Tu l'hai voluto... il tuo sangue ricada sopra la tua testa.
      Ed incrociano le spade.
      Scarmigliata, palpitante, cieca di dolore, la troppa angosciosa Maria precipita genuflessa fra mezzo quei due furibondi, e li tenendo, quanto ella ha lunghe le braccia, discosti,
      Se d'ora in poi
      , ella grida, "volete fare insanabili le ferite, tingete i vostri ferri nel mio sangue, - egli è sangue esecrato, sangue di abbominazione e di orrore. - Te, Giovanni, adorai quanto Dio, - e forse, ahi misera! sopra Dio; - la vita io ti dava e la fama, e tu adesso calpesti il mio cuore come un rettile velenoso: - te, Ludovico, amai di castissimo amore, - per amico ti venerai e per fratello, - ed ecco quanto l'avvilimento comprende di più atroce raccogli e infocato d'ira me lo scagli sopra la fronte. Ah! voi siete due furie rabbiosamente convenute a disperarmi. - Ohimè misera! Ogni piede che passa mi calpesta, - ogni bocca mi dice villania.... In che cosa ha mai misfatto la infelice Maria? Maledetta l'ora, maledetto sia il giorno in che nacqui; - possa cadere dai secoli, - dimenticare il sole di averlo illuminato; - io soccombo, ma, dall'abisso dove giaccio, innalzo una voce di accusa contro il mio Creatore e gli dico: Tu non sei giusto!


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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