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      Giugnendo la femmina alla fossa che ardeva, non passò più oltre, e nella fossa non ardiva gittarsi; ma correndo intorno alla fossa, fu sopraggiunta dal cavaliere che dietro le correa: la quale traendo guai, presa per li svolazzanti capelli, crudelmente ferì per lo mezzo del petto col coltello che tenea in mano. E cadendo in terra con molto spargimento di sangue, la riprese per l'insanguinati capelli e gittolla nella fossa de' carboni ardenti, dove lasciandola stare per alcuno spazio di tempo, tutto focosa e arsa la ritolse: e ponendolasi davanti in sul collo del cavallo, correndo se n'andò per la via donde era venuto." - Vedi PASSAVANTI, Specchio della vera penitenza, cap. II.
     
      (b) In un manoscritto intitolato: Ambasceria di messer Baldassare Carducci alla corte di Francia, ho trovato tre lettere di Pierfilippo Pandolfini, dalle quali si recava apertamente qual fosse il consiglio di Nicolò e della sua parte, che per la morte di lui non cessò di avere seguito nella Repubblica: - poi trattandosi di giudicarlo - "et anche certi Priori si condussero in modo che non si potè ottenere che la cosa s'investigasse, benchè ognuno abbia tocco con mano havere Nicolò tenuta questa pratica con gl'imperiali, et PP. non per sapere i loro progressi, ma per indurre una parte di quell'esercito alla volta di Toscana per ridurre lo Stato in mano di pochi et suoi, de' quali lui intendeva essere principe è capo..." e più sotto: "Ho parlato con messer Antonio del Vecchio, oratore sanese, quale partì due giorni sono, e diceva havere lui saputo le pratiche che Nicolò teneva con il papa e con gl'imperiali, et scusandolo di bontà, dice che non voleva distruggere lo Stato, ma dalla partecipazione di quello escluderne tanta moltitudine.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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