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      Mi concederà la Magnificenzia Vostra ch'io faccia chiamare il provocato pel campo a suono di tromba secondo le forme prescritte dal codice della cavalleria?
      Non importa; chiamatelo a voce sommessa, imperciocchè io pensi non debba essere molto lontano, ed egli risponderà certo alla vostra citazione.
      Allora l'araldo si recò sul limitare della tenda e ad alta voce chiamò:
      Giovanni di messere Pierantonio Bandini...
      Appena proferite queste parole, rompendo con grande impeto il cerchio delle persone affollate intorno l'araldo, a guisa di belva inferocita si mostrò il Bandino e fremente per ogni membro rispose:
      Chi mi vuole?
      L'araldo, guardatolo prima un cotal poco nel volto, si cavò dal seno un'altra carta suggellata, e spiegatala con grande solennità, lesse in suono fermo:
      Giovanni di Pierantonio Bandini, et in sua assenza a ogni et qualunque altro gentiluomo fiorentino nobile che costì si facesse o si fussi fatto bravo in parole in presenza dell'illustrissimo principe d'Orange, o d'altri suoi soldati, con haver detto, come c'è tornato all'orecchie, questa nostra Ordinanza fiorentina esser una prospettiva et non da combattere, e quella disprezzata vilmente; et si della nostra cara libertà altre parole inhoneste, che speriamo farvele ridire con arme in mano. Del che per dimostrare a ogni et qualunque persona quanto la justizia di Dio sopra tutto stimiamo, et esso et la nostra cara libertà et l'honor nostro, vi si fa intendere a tutti voi altri giovani fiorentini et nobili come di sopra, che ciò avessimo detto o pensassero di dirlo, tante volte quante hanno detto e diranno, tante si mentono per la gola; et sono prima veri nemici de Dio, per haverlo noi eletto per nostro re et principe; et di poi traditori, per venir contro alla loro cara patria che gli ha nutriti; et si nostri nemici.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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