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      - I servi, finchè rimangono in casa, terrai come tenni io. - Nessuno cavaliere voglio che prema più il dorso de' miei cavalli, - nessuno; - manda i miei cani in campagna, tranne solo uno, Italo, il quale auguro ti faccia quella buona guardia che ha fatto sempre a me. Finchè tu viva, verun parente entri nel mio palazzo... a ciò provvidi nel mio testamento, - e te lo ripeto adesso..., stieno lontani i parenti, i quali, chiamati dalla speranza della mia eredità, mi si sono stretti alla vita, quasi una cintura di corvi all'odore dei corpi morti.... Conserva i mobili... i letti... non mutar nulla; se alle anime è concesso visitare le dimore ch'ebbero care in vita, io tornerò a visitare questa mia - e mi compiacerò ravvisarla nello stato primiero: - se mai io ti apparissi, Giannozzo, non prenderne spavento; io non verrò ad atterrirti, bensì a trattenermi teco in fidato colloquio.... - Coraggio, via, non piangere, mio buon padre Giannozzo... accostati... Gesù mio! come tremi... tieni... ristòrati... bevi questo liquore... bene! - Ora fa di ascoltarmi pacato. Quando sarò morto, mi vestirai della mia buona armatura di Milano e mi porrai nella cassa questa croce di san Pietro.... Vanità di vanità, dice il predicatore, ma io l'acquistai col mio sangue in battaglia, - nè su l'orlo stesso del sepolcro mi riesce considerare la gloria vanità... - E poi, Giannozzo, questo sopra tutto ti raccomando.... mi depositerai sul seno dalla parte del cuore questa borsa di seta cremesina... ah! no, me la rendi, imperciocchè ella non mi darebbe - nè anche morto - pace.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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