Bertino, agilissimo, dall'uso quotidiano esercitato, muove cosė veloce la spada che a gran pena la seguita l'occhio. Ora si distende sul terreno, quasi a toccarlo col petto, e lā puntando la mano manca si sostiene; ora balza di un salto da un lato, ora dall'altro; - spesso aperte ambe le braccia ed abbattuta la spada, invita con perfida lusinga il nemico a ferirlo nel petto; - e' par che scherzi intorno alla spada nemica a guisa di farfalla intorno alla fiaccola senza bruciarsi mai l'ale. Certamente cotesto č giuoco pericoloso da volere spacciato il duello con un colpo solo.
Dante, accortosi non potere, a cagione della gravezza delle sue membra, reggere la prova coll'avversario in cotesto assalto procelloso, se ne sta guardingo, tutto in sč ristretto, vigilando a non perdere la misura; anzi č fama che prevalendosi della sua molta forza, lo stocco sostenesse pel pomo, e cosė spazio tale acquistasse per cui Bertino non sarebbe mai giunto a toccarlo nel petto, se non che deviandone fortemente la lama dalla parte destra o dalla sinistra. L'Aldobrandi, sdegnoso di resistenza cosė lunga, raddoppia i conati, all'improvviso finge di accennare alla spalla e di repente descrive mezzo cerchio con la punta e minaccia il torace, quindi replicando col ferro in senso inverso la curva, ferisce al Castiglione il braccio diritto verso la scapula.
Ah!
urla Bertino, "l'ho pure veduto il tuo sangue; - ma per renderti il ben dell'intelletto mi č forza aprirti pių largamente la vena."
E prevalendosi del ribrezzo che ogni uomo prova nel sentirsi un ferro tagliente e ghiacciato penetrare nelle carni, vibra lo stocco di nuovo e lo aggiunge leggermente nella bocca.
| |
L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
|
|
Bertino Aldobrandi Castiglione Bertino
|