Mutati anche due passi, Dante si ferma. Bertino, divampante d'ira a cagione della resistenza impreveduta, mena la spada con tanta rapidità che coruscando la lama al raggio del sole declinante toglie la vista al Castiglione.
Ah! giovanetto, tu se' prode in battaglia, ma tu potrai più presto smovere le Alpi dalla base loro che spingere vivo il tuo avversario dal posto nel quale egli ha deliberato omai di vincere o di morire; un'altra volta vibri la spada, e un'altra volta la fortuna te la tinge di sangue nemico... ultima però; - lo spazio ascendente della curva hai percorso, ti rimane lo spazio che discende e declinando conclude con la morte.
La quinta ferita colse Dante nel braccio sinistro, e forte gli lacerò la carne; onde, preso da terribile furore, cacciato via ogni riguardo, venne a mezza spada. - Molti poeti assomigliarono l'ira umana, come per dimostrarla fuori di modo spietata, a quella dei leoni, degli orsi e di altri cosiffatti animali. - Male accorti! - Il furore dell'uomo non ha paragone; egli è solo in natura. - Dante tempestava, - il battere de' suoi denti scuoteva i nervi dei circostanti: - imbrattato di sangue, sozzo di polvere, alza con ambe le mani la spada... guardati, Bertino, che ti cala adosso un colpo tremendo.
E fu tremendo davvero, chè il taglio del suo stocco scontrato il taglio dello stocco avversario, lo incise profondamente per traverso, e poi, mutando direzione, fece scoppiare un pollice di lama, la quale scheggiò via sibilando intorno al capo di Bertino, come palla di archibuso.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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