Miserando spettacolo!
Giace l'Aldobrandi supino con le braccia prosciolte; - la manopola uscita dalla mano si era tratta dietro la spada che stava adesso lontana dal braccio che l'aveva impugnata; - dalla gola aperta versa un fonte di sangue.
Confuso dal bagliore, scambiò Bertino un istante il raggio del sole col baleno dello stocco avversario; - un solo istante smarrì il ferro nemico, e Dante sottentrando allungò le braccia con quanta forza gli aveva concesso natura e gl'immerse la spada nella gola: penetrò la punta omicida nell'ugula, ruppe l'osso del palato, e l'occhio sinistro si rovesciò sanguinoso fuori dell'orbita. - Un momento prima tanto bello, tanto leggiadro, - adesso orribile... orribile a vedersi!
Arrenditi!
gli grida il Castiglione, "arrenditi, o ti finisco!"
A molto... migliore cavaliere... che non sei tu... io mi arrendo
, risponde con parole interrotte Bertino Aldobrandi; "mi arrendo... a Dio."
Percosso il Castiglione dalla voce e dalle parole, punta a terra la spada; la sua naturale pietà adombrata come da una nuvola di furore tornò luminosa a spanderglisi su l'anima, e ridivenuta mite, si curva affannosa sopra il morente.
Oh! io mi sento morire
, riprende a gran pena Bertino, "presso a morte Dio mi rischiara l'intelletto... ahi tardi!... pure in punto che basta a pentirmi... Perdonami... e vogli una grazia concedermi... Deh! gentil cavaliere, non volermi questa grazia negare... non maledire alle mie ossa... ma le seppellisci pietoso... nell'avello de' miei maggiori.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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