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      Ma quando assale un pensiero di orgoglio o turba la invidia, m'incammino là dove sopra lieve eminenza giace il cimitero della mia città: - quivi, appoggiando la spalla alla soglia della porta, mi volgo a contemplare la terra che abbandonai, e, immaginando essere convertito nel Tempo, esclamo: O città dei vivi, tu sei grande, ma questa città dei morti già ti contiene dieci volte, e ti conterrà venti, cento, quanto parrà a me, perchè il sepolcro è una delle cose nel mondo che non dice mai: Basta! - Io compendio tutto, - uomini e cose; - io solo posso comporre in pace nella medesima fossa l'oppressore e l'oppresso; - per me il conquistatore si contenta di tre braccia di terra, e se gli pongo al fianco un cadavere, ve lo sopporta mansueto e paziente senza dirgli: Fatti in là; - egli ve lo sopporta, mentre vivo imponeva a' popoli interi sgombrassero le provincie per lasciargli libero il passo, ordinava al mondo estendesse i suoi confini, ai cieli si allontanassero per respirare più aperto: - io riduco in essenza gli enti creati, - degli animali mi basta la cenere, - delle città la polvere; - nel cavo della mano porto l'esercito di Cambise, - su le mie spalle in un sacco Sodoma e Persepoli. - Un giorno verrà ch'io mi volgerò al sole e gli dirò: Chiudi le palpebre e dormi, tu hai vigilato assai; - e poi soffierò su le stelle e le spegnerò come fiaccole rimaste accese dopo la fine del festino... e perchè no? - Forse non ho cacciato dai cieli una moltitudine di numi, come il castaldo, terminati i lavori dei campi, licenziate le opere?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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