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      Si ridusse ai quartieri - apre la porta rimasta socchiusa, penetra nella stanza e vede Annalena e il padre di lei seduti davanti al focolare e così sprofondati nelle proprie meditazioni che non si accorsero della sua presenza, - presa pertanto una scranna, egli si pose dall'altro lato del focolare di faccia a Lena.
      Lucantonio all'improvviso, senza muovere ad atto alcuno le membra, senza quasi agitare le labbra, come se la voce partisse da precordii di pietra, in suono roco parlò:
      Annalena..., voi cesserete d'ora in poi di chiamarmi padre... perchè... perchè voi non siete mia... figlia...
      La fanciulla, presaga di sventura, teneva l'animo apparecchiato alla rassegnazione, come colei che attende di sentire una condanna: ma le parole del vecchio superarono in dolore ogni sua aspettativa; prorompe in istrida angosciose e corre a gittargli smaniante le braccia al collo.
      Lucatonio stette immobile alle carezze; le lacrime della bella sconsolata cadevano invano sopra di lui, come le stille della rugiada sopra i leoni di marmo posti nella loggia della piazza dei Signori; non l'accolse, non la respinse; si sentiva impietrito.
      Passò forse mezza ora di tempo, a capo della quale Lucantonio, ma questa volta con voce tremula, che l'umanità tornava a soperchiare sul cuore del vecchio, riprende:
      E' mi era così dolce sentirmi chiamar padre...! e da te, Lena! - ed ora mi chiamerai Lucantonio senz'altro, - perchè non mi sei figlia.
      La passione gittò gli argini; scoppiò da' suoi occhi irrefrenato il pianto; strinse con impeto convulso tra le sue braccia Annalena, ed Annalena lui: pareva ambedue s'ingegnassero mantenere a forza di amore quanto avesse potuto perdere per natura il vincolo che da tanti anni gli univa.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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