Dove lasciasti Selvaggia? Come vivrai senza il tuo Tomaso? - Gittai il fastello, mi vi posi a sedere e vôlto dalla parte del maniere cominciai a vagheggiarlo, come donna innamorata; mi si sciolse il furore, e copertami la faccia con le mani piansi; - poi mi alzai e ripresi la via del castello: - qui giunto, rimisi con diligenza le cose donde le tolsi, e mi accorsi allora nella mia preoccupazione non aver badato come la più parte fossero vesti ed arnesi donneschi. - Correva l'ora nella quale secondo il costume scendeva a invigilare la profenda dei cavalli: - andai alle scuderie e attesi al governo degli animali con maggiore cura del solito. Mentre uscito dalle scuderie mi volgo a chiuderne le porte, ecco mi sento percuotere leggermente sopra una spalla: - era Naldo. Costui veniva a invelenirmi la piaga; io lo ascoltai e ormai pacato finsi assentire ai suoi detti; - che più? - Il tristo mi propone mescere nel vino di Tomaso un liquore che mi darà vendetta piena e non sospettata; tale, insomma, da bastare a qualsivoglia offesa, comunque atrocissima. Presi la caraffa e subito dopo, mutata voce a sembiante: Ahi perfido e misleale uomo! voi cristiano battezzato non abborrite dal consigliare un delitto che menerebbe alla eterna perdizione l'anime nostre? Io da gran tempo studio le vostre storte vie, e poichè la paura dell'inferno non vi rattiene, forza è che vi trattenga una scure sul capo. - Egli poi non mutò sembiante, ma, forte com'era della persona, mi venne addosso, mi abbracciò e, côlto il destro, mi tolse la caraffa di mano esclamando: Io m'infingeva: tu sei il migliore uomo che io mi abbia conosciuto; oh raro esempio di virtù vera!
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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