... Mi prostrai... la faccia posai sul pavimento, e dai precordii sospinsi una molto terribile bestemmia, però che maledissi colui che, avendo dei fulmini pei giusti, sembrava impassibile agli scellerati. Per Dio! odo il mio nome susurrato da una voce che sorge dalla terra: - vivesse Selvaggia? La sua gola non fosse insanabilmente lacerata? - Levai la faccia... ahi dolore! pur troppo la testa appena giunta le stava al busto per la pelle della nuca... ella era morta... irrevocabilmente morta! - Caddi di nuovo, e il mio nome da capo susurrato mi percuote le orecchie... temei fosse un errore della fantasia commossa, - e non mi levai finchè una terza chiamata mi assicurò che io non m'ingannava: la voce si partiva dal cumulo dei cadaveri della famiglia del povero Tomaso: vinsi il ribrezzo e mi detti a frugare con cupide mani tra quella massa di carne sanguinosa... Tranne uno spregio sopra la spalla, tu eri rimasta illesa... la tua genitrice una volta ti porse la vita col latte del suo seno medesimo... ella riparò le tue ferite, ella ti coprì col corpo; comunque morta, ti aveva difesa, e tu cauta per istinto ti eri taciuta finchè non ti comparve davanti una faccia amica... Sventurata, e pure non del tutto misera, madonna Ermellina, se morendo potesti salvare i giorni della tua pargola... mentre io infelicissimo padre... oh!"
La fiamma del focolare all'improvviso cessa, e dalle legna vermiglie si leva una colonna larga, bianchissima: nel tempo medesimo un gran colpo fu bussato alla porta.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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Dio Selvaggia Tomaso Ermellina
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