Il Castiglione lo conforta e spesso gli viene ripetendo:
Sii uomo!
Frattanto sopraggiungono nuovi battuti per rilevar i fratelli che hanno consumato l'ora. A Dante viene fatto, senza riporvi mente, di stendere le dita quasi per contarla. Lorenzo, che si accorge del moto, domanda affannoso:
Quanto mi avanza a vivere? - Ditemelo, - sei ore, - quattr'ore, - due, - una? - Io non voglio morire, non posso morire così presto. Questa luce mi offende gli occhi, - quest'aria mi pesa sul petto
; e correndo con impeto apre le tende e le finestre. "Oh! - egli prosegue, - aria fresca che porti refrigerio al mio sangue infiammato dalla febbre, domani per me soffierai invano; addio, patrie valli, addio, fiume patrio, addio, colline... Sopra uno di quei monti a cielo aperto, fornito lo spazio di vita che natura concede agli uomini, l'emisfero stellato sul capo, la cara famiglia d'intorno, sarebbe meno trista, forse piacevole cosa la morte; ma ahimè! tra i miei occhi moribondi e il cielo io vedro un ferro tagliente, un uomo che non conosco e che m'uccide... ah! egli è crudele." - E qui caccia fuori un terribile urlo e con ambe le mani si cuopre gli occhi.
Dante accorrendo gli domanda qual cosa l'offendesse.
Colà, - colà, - ed accennava col dito, - ho ravvisato la villa della mia famiglia, - la stanza in che nacqui: chiudete le finestre, - calate per carità le tende, - io non posso sopportarne la vista.
Continuava a percorrere la stanza. Il suono monotono dei fratelli del Tempio gli percuote da prima fastidioso l'orecchio, poco dopo insoffribile; si ferma davanti al Castiglione e in voce spenta gli dice:
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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