Non temete, io non posso uccidermi, - sarebbe aggiungere a delitto delitto. Dopo la colpa di avere tradito la patria non mi rimane altra colpa a commettere che sottrarmi alla sua sentenza: no, il mio capo mozzo dal carnefice giova che dia salutevole esempio a chiunque tanto fosse infelice da seguitarmi nel misfatto, - ed io per certo non vorrò privare la patria di questo spediente per atterrire i traditori, perocchè, Dante, - vedete se ridotto a tale estremo io volessi ingannare nessuno! - assicuratevi che io non era il solo nè il più terribile degli altri: - guardatevi dal Malatesta. - Ora, messer Dante, voi recherete questi miei capelli alla mia genitrice e le direte che avrei voluto mandarle il cuore: - ella avrebbe allora conosciuto che se il cuore di suo figlio fu infedele alla patria, non lo è mai stato per lei, - che i suoi ultimi palpiti furono per Dio e per lei; epperò non gli dia al vento, ma se li serbi per sè sola nel seno ch'io ho ferito di tanti dolori, - che gli abbia cari, che pensi a me, - che viva, non posso raccomandarle felice, - e non mi maledica... Anche una grazia Dante, una sola grazia, - e poi le mie labbra non favelleranno più di cose terrene; - io non ho diritto a domandarvela, e non pertanto la pretendo da voi; - me la farete, Dante? - Dite che me la farete...
Parla, e Dio non mi accolga in luogo di salute se io non te la faccio, perocchè l'angoscia ti abbia rigenerato, e i tuoi pensieri appartengano al paradiso. Spera; - il pentimento ha il suo battesimo, come l'ha la speranza, ed anche al caduto resta una gloria, ed è questa: poter dire rilevando il capo dalla polvere: Detesto la colpa.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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