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      Sonarono le quattordici.
      La porta del palazzo dei Signori dal lato della dogana fu aperta; ne usciva prima una banda dell'ordinanza con la fronte spessa di uomini; i tamburi battevano scordati; la campana grossa del comune empiva l'aria a tocchi lenti che parevano singhiozzi, - le rispondeva la campana del Bargello, sicchè avresti detto essere coteste due campane le prefiche della patria che lamentavano la morte di un figlio scellerato. Subito dopo la milizia seguiva la compagnia dei Neri; l'antesignano portava il Cristo con la faccia rivolta verso i condannati; - dalle mani, dai piedi, dal costato e dalla testa pareva che grondasse sangue, - immagine terribile di compassione e d'orrore! - Al termine della compagnia venivano Lorenzo Soderini e frate Vittorio Franceschi. Menare un frate al supplizio non fu anche pei tempi che correvano cosa agevole e piana, avvegnadio, quantunque allora come ora i Domenicani detestassero i Minori Osservanti, questi gli Agostiniani, gli Agostiniani gli Olivetani, catena di odio interminabile, pure, fatta adesso causa comune non pel frate, dicevano essi, ma per l'ordine, scombussolavano il mondo perchè ne uscisse pel rotto della cuffia; - e le dicerie che andarono d'attorno erano state infinite: ai deboli cacciavano addosso la paura dell'inferno, agli altri il sospetto della divisione e dell'abilità fatta alle armi imperiali di penetrare in Firenze se nasceva trambusto; e sarebbe nato di certo, ma gli Otto, non badando il dire, avevano molto bene atteso a fare e mandavano il frate così vestito dei panni della sua religione al patibolo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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