Parlo del re Canuto quando, insuperbito dalle parole dei cortigiani che gli dicevano potere quanto volesse, ammantato di porpora comandò al mare che non oltrepassasse il suo trono innalzato sopra la sponda. Il Bartolino commosse il popolo contro i Medici allorchè si accorse i Medici attendere a regnare soli ed assoluti signori, e la tirannide non gli piaceva; nel moto del popolo poi egli non ravvisò argomento per mutare gli ordini vecchi dello stato, bensì all'opposto occasione di modificarli, - anzichè rottura non saldabile mai, una via di transazione; immaginò che i Medici, ammaestrati dagl'inefficaci tentativi (come se i principi nelle commozioni popolari piuttostochè insegnamento da seguitare non ravvisassero sempre e poi sempre delitti da punire), si sarebbero rimasti da toccare uno scettro a cui quante volte avevano steso la mano, tante se l'erano scottata; avrebbero consentito reggere come magistrati sottoposti alla legge ch'essi insieme con gli ottimati avrebbero promulgato; il principio popolare non doveva starsene mica senza rappresentanza nel consiglio; al contrario giovava che l'avesse, ma poca, come corpo che abbisogna di perenne tutela, buono a mantenere, non reggere lo stato. Quando all'opposto si accorse che il popolo intendeva, licenziati i sopracciò, camminare speditamente senza pastoie, lo tenne perduto; non potendo con la man fiacca governare il corsiero generoso, lo calunniò sfrenato, lo bestemmiò e lo maledisse: antichi vezzi rinnovati allora, rinnovati più tardi e giù giù per i tempi diversi fino a noi: cauto ed astuto deliberò rifare i passi, ma, dissimulator potentissimo, mantenne la consueta apparenza; solo in segreto raccolse intorno a sè tutta la fazione dei Capponi, e qualcheduno della Pallesca, disse sopraggiunto il tempo dei Ciompi, sentirsi piovere addosso gli ordinamenti di giustizia, non sapere dove si andasse a finire.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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