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      A cui troppo bene voleva ascoltarlo parlava. I giovani nobili, i quali tanta caldezza mostrarono da principio, commossi dall'autorità dell'uomo e dalla gravità delle parole, adesso incerti da qual parte dovessero pendere, s'intepidirono, in seguito aggirati, dubitando nuocere alla patria, tenendo le sorti loro più oltre congiunte con quelle del popolo, se ne staccarono, finalmente gli si fecero avversi, come a nemico.
      Malatesta trovò il Bartolino in siffatta condizione allorchè prima fece cascare sopra l'animo di lui una parola che lietamente accolta era seguitata da altre più aperte, e finalmente compita con promesse di aiutarsi l'un l'altro. Malatesta e Bartolino, mulinava il Bartolino (tanto è vero che in pelliccieria per ordinario occorrono pelli di volpe) dovevano andare insieme uniti ai più tardi nepoti, come salvatori della patria. Bartolino avrebbe condotto gli accordi; Malatesta rimasto con le milizie in Firenze, mantenuto l'osservanza dei medesimi finchè non si fossero le cose assodate da non far temere il tradimento; in ciò il Perugino ingannava Zanobi, non già che quegli superasse quest'altro in astuzia, chè anzi di gran lunga gli restava addietro; ma perchè lieve cosa sia ingannare chi già inganna sè stesso.
      La invidia che i giovani nobili, specialmente l'Antinori, portavano profonda a Dante da Castiglione, contribuì non poco a separarli dal popolo.
      L'Antinori finchè mantenne la speranza di poter superare il Castiglione, lo emulò lealmente; però, sentita che ebbe la propria impotenza a pareggiarlo, non che a vincerlo, prese ad astiarlo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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