Quel volto, per ordinario pallido, ora livido e nero, il sangue rappreso, lo sguardo torto empirono di spavento i famigli, che non si attentarono accostarglisi. Come si narra dell'antico Anteo, che quante volte traboccato a terra, tante si rialzava di nuovo vigore ingagliardite le membra, costui se cadde tristo, si levò iniquo: rotto ormai ogni freno, il pudore postergato al mal talento, irruppe nelle più brutte turpitudini per offendere il Castiglione: cospirare alla perdita della patria e della libertà, purchè fruttasse adempimento della implacabile vendetta, non solo reputa atto indifferente, ma gli parve merito e dovere; e poichè, o peccato nostro o naturale cosa, troppo più operative vediamo essere la invidia e le malnate passioni che non l'amore della virtù e gli affetti gentili, così gli venne fatto di riuscire oltre le speranze. Tanto si travagliò costui che i giovani nobili, delusi, desiderarono la tirannide dei Medici, come partito unico di emanciparsi dal giogo del popolo.
Ad atterrire le menti sopraggiunsero giorni adri per casi lacrimevoli e per sinistre apparizioni, chiamati dai volgari egiziachi o più comunemente uziachi. Il sole scurò ai ventotto di marzo, e con paura notarono che quantunque volte il sole eclissava, seguivano in Firenze tristi accidenti. Pochi giorni dopo fu decapitato Stefanino delle Doti per avere in compagnia di Piero di Giovanni del Fornajo ucciso a tradimento messere Bernardino di Arezzo, insegna dei signori Dieci, mentrechè usciva di palazzo.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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