Menatelo via dal campo, conservatelo all'onore della milizia italiana." - Lo trassero a braccia; appena raggiunse il Malatesta, che si era fermato davanti la porta della Mulina.
Gran mercè, capitanogli disse, "il soccorso di Perugia vale peggio del soccorso di Pisa: questo venne tardi ma il vostro non giunse mai."
Signore Stefano, non vedete voi che i cavalli di Orange hanno già presso che guazzato Arno? Se si spingevano tra la porta e me, dove sarei andato io?
All'inferno, dove dovresti essere andato già da gran tempo
, gli rispose concitato il Colonna, a cui l'ira toglieva la consueta prudenza.
Indi a poco sovraggiungevano i giovani fiorentini non in sembianza di fuggiaschi o di perdenti, bensì invece di uomini che non avevano vinto come voleano. Anch'essi comparvero carichi, non già di preda a modo dei soldati, specialmente quelli del Malatesta, sibbene dei fratelli loro morti e feriti, che pietà cittadina e gentile alterezza aveva persuaso a non gli lasciare sul campo. In fondo della colonna si vedea un fitto polverio, e quinci muoveva strepito d'armi, uno sfidarsi scambievole, un dirsi ingiuria. Tentavano i più animosi tra i nemici sturbare la ritirata; più volte si avventarono, e sempre furono con molte morti respinti da Dante da Castiglione e da alquanti incliti giovani che gli faceano corona. Pur finalmente accorgendosi gli Oragiani essersi anche troppo inoltrati sotto il tiro delle artiglierie, voltarono frettolosi le spalle. I nostri si fermarono, e quelli che poterono inviarono al nemico fuggente un ultimo saluto di piombo e di fuoco.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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