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      Col sembiante dimesso, ravvolgendo mesti pensieri, passeggia il Ferruccio sopra la estrema sponda del mare; volge i suoi passi verso la parte di ponente, - ad ora ad ora solleva lo sguardo e geme, non trova luogo dove fissarlo senza che si rinnovi in lui un'antica memoria di dolore: guardando a man destra scorge la eminenza dove gią stette Torrita, l'antica cittą; - in lei si agitarono alti spiriti, in lei fu copia di santi affetti, in lei care ricordanze, decoro di sapienza e di grandezza: adesso rimase ogni cosa sepolta, un denso strato di terra la ricuopre, un altro pił denso di oblio; sparirono fin anche le rovine; il tempo non ha lasciato neppure una lapide dove piangere la morta cittą. Questo dileguarsi di cittą e di reami senza segnar traccia fra i posteri, - questo morire tutti e il non vedere differenza alcuna tra la estinzione di un popolo e la caduta dell'erba dei campi davanti la falce del mietitore, contristavano amaramente l'anima del nostro eroe. Nč gli giova meglio guardare a manca; quivi a breve distanza nel mare gli si presenta un monumento che richiama alla memoria un popolo italiano svenato da un altro popolo italiano, - la terribile battaglia della Meloria. Colą Pisa giacque sotto la fortuna di Genova. Oh nefande guerre fraterne!... Ferruccio dą volta e indirizza il cammino verso levante: adesso si pone a contemplare il cielo e le acque. - Magnifici elementi! Dapprima gli sembra che emuli poderosi vogliano cimentarsi percorrendo a gara il cammino della eternitą sopra due parallele infinite, poi lontano lontano, quasi li prenda fastidio della corsa solitaria, - si riuniscono, - si confondono - continuano uniti il sentiero che loro avanza per giungere al punto determinato.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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