Signor commissario
, risponde Giampagolo arrossendo e declinando modestamente lo sguardo, "la fama che in tanto breve spazio avete saputo meritarvi grandissima empie tutta la Italia. Qua mi trasse amore della vostra virtù e desiderio di combattere per la causa che sostenete. Ormai questa impresa diventò tale che le più inclite spade d'Italia vi sono concorse per una parte o per l'altra: ella è amara cosa pensare come non sieno tutte concorse dalla parte più giusta, - ch'è la vostra; - colpa delle nostre voglie divise ed anche del fato, imperciocchè senza intervento dei destini mal saprei dichiarare a me stesso la cecità degli Italiani raccolti nel campo imperiale, i quali guerreggiando Fiorenza par che non veggano come con le proprie mani si lacerino le viscere; - io poco offro alla libertà di Fiorenza, o piuttosto d'Italia, - ma se non offro di più, non m'incolpate; vi do quanto possiedo di danaro e di sangue."
Giovane, la causa che piace a me, non sembra che piaccia alla fortuna. Gli Orsini poi cercarono sempre e sopra tutto la fortuna.
Commissario, conosco le colpe dei miei padri e le detesto. Per quanto mi fosse concesso operare in pro dell'Italia, assai di leggieri comprendo non potrei a gran pezza ristorare il danno che le arrecarono i miei. Ma s'è folle che il nipote insuperbisca pei vanti paterni, ingiusto è del pari che a cagione del padre si abbia a disprezzare il figliuolo: e certo voi, commissario Ferruccio, non accogliete sì bassi spiriti nè contenderete che un giovane procacci con la sua spada la sua fama, nè vorrete ch'io getti via disperato una vita che potrei spendere utilmente pel mio paese, gloriosamente per me.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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