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      Il Bravotto e il Pazzaglia con dimostrazioni infinite di benevolenza risposero - non dubitasse, avrebber eglino medesimi condotto l'esercito così sicuro come se avessero dovuto menarlo traverso i poderi; penetrato più addentro nella montagna pistoiese, non gli sarebbe venuta meno le vittovaglia, povera, ma sana e copiosa; e poi tutta la parte cancelliera, in numero da uguagliare se non da vincere, l'esercito fiorentino, si sarebbe levata in arme e lo avrebbe seguito finchè non lo avesse riposto trionfante in Firenze. - E qui non rifinivano dagli abbracciari, dalle iattanze, dalle manifestazioni di smodata allegrezza.
      Intanto il Ferruccio notava che il capitano Domenico Belli, dopo le prime accoglienze, si era imbrunito del volto e, le braccia piegate sul petto, non aveva più aperto bocca. Andatogli dappresso e postegli domesticamente le mani sopra le spalle, quasi motteggiando gli diceva:
      Ora perchè tacete, capitano Domenico? Voi ci diventereste per avventura nemico?
      Nemico no, - ma amico non posso.
      E come non potete voi?
      Ho dubitato della mia parte, disperai della Repubblica fiorentina e della fazione cancelliera, lo scoperto ed impunito tradimento di Malatesta mi spaventava, la discordia dei cittadini mi tolse l'animo, la imbecillità dei capi mi abbatteva del tutto; - allora pensai provvedere a me stesso. I Panciatici, mi offersero comporre le antiche inimicizie, facemmo pace obbligandoci con sagramento di non apportarci più oltre molestia...
      Ed è ciò che vi trattiene?
      lo interruppe il Bravotto.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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