Nessuno vinceva, e si distruggevano tutti. Alcuni cavalieri fiorentini, o trasportati dall'estro della strage, o sia piuttosto, come crediamo, desiderosi col sacrificio delle proprie persone assicurare la salute della patria, scorgendo un calle su per la costa del monte, vi salirono a stento, e quando furono giunti a conveniente altezza, gridarono: "Viva la Repubblica!" - poi spinsero gių alla dirotta i cavalli, cacciando loro nel ventre intieri gli sproni. Quando eglino percossero i fianchi dei nemici, alcuni dei nostri rimbalzati dall'urto oltrepassarono volando sopra di loro e andarono capovolti ad incontrare la morte gių nel dirupo; altri caddero infranti tra le zampe dei cavalli: nondimeno cosė irresistibile fu l'impeto che la schiera si ruppe, e con eccidio miserabile ben molti tennero dietro nel precipizio ai nostri che tanto nobilmente si erano sagrificati. Allora crebbe il cuore ai Forentini: i capitani sopra gli altri volevano essere, siccome maggiori nel comando, cosė primi nel pericolo; sorse stupenda una gara di affrontare la morte; incalzano i Ferrucciani, piegano gli Orangeschi; indi a poco i cavalli, trovando dietro a sč bastevole spazio, si volgono e si danno alla fuga. Rifecero con veloci passi la via, piegarono di nuovo a destra di Gavinana e s'internarono nel bosco dei castagni, detto Vecchieto, sperando mantenervisi per virtų degli archibusieri appostati dietro i tronchi degli alberi. Ma nč per questo si rimase punto l'ardore dei nostri, che, scesi da cavallo, con in mano la picca conquistarono albero per albero e a palmo a palmo il terreno, sicchč pervennero a ributtarli fuori del bosco, cacciandoli oltre la fonte delle Vergini.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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