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      Cencio, torna la speranza del sangue nemico assai più soave del vino. Biagio, comunque adesso mi travagli il caldo, parmi rinfrescarmi all'ombra dei platani di Tunigiana, sotto i gelsi della valle Topina; - i miei occhi, Cencio, sono inebbriati di rosso, il vermiglio mi lusinga intero... rosso il sangue di Sforza, - rossa la porpora di Ridolfo, - rosso il manto ducale del figliuol mio: Cencio, Biagio, - mi sento l'uomo più avventurato del mondo; - andate per sonatori, per femmine, - oggi è un bel giorno...
      È il giorno di morte della libertà italiana!!!...
      Magnifico messere capitano, - due magistrati che si dicono dei Dieci della guerra fanno istanza di favellarvi.
      I signori Dieci! I magnifici signori Dieci di libertà e pace! Che vengano tosto, in miglior punto non potevano arrivare i messaggeri dei magnifici signori Dieci. Cencio, Biagio, rimanete con me, affinchè non abbiano a camminare troppo per rinvenire medico, confessore e notaio per la Repubblica che muore; o piuttosto sentite: noi rappresenteremo i tre sacramenti: io la Penitenza, Biagio l'Eucarestia, e tu, Cencio, la Estrema Unzione; - guarda mo', Biagio, non ti par egli che abbia Cencio una faccia di olio santo? E per questa volta tu l'ungerai proprio all'agonia, come raccomanda l'apostolo santo Iacopo, - la Estrema Unzione non si dovrebbe replicare una seconda volta, - ciò sta contro le regole. - Ecco i Dieci. - Ben vengano i magnifici signori Dieci. - In che e dove posso spendere l'opera mia? Cencio, porgete sgabelli.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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