Dall'altra parte il Carduccio, insistendo sempre nei suoi primi raziocinii, aggiungeva: quel domandare congedo essere nel Malatesta mera apparenza, chiederlo non dato, dato poi lo ricuserebbe, e il vedrebbero; non parergli uomo il Baglione da lasciare la vendemmia quando i grappoli stavano nel tino; la milizia, pronta e vogliosa adesso, forse tra mezz'ora rifiuterebbe adunarsi; fugace l'occasione e irrevocabile; pensassero andarne grossa posta, la libertà della patria, forse anche la vita.
Orò con grande eloquenza il Carduccio, e se non avesse avuto per contradittore la paura, che, rubata la maschera alla prudenza sotto il velame della temperanza sempre e poi sempre nasconde la eterna viltà, non è a dubitarsi avrebbe prevalso il suo consiglio; statuirono invece concedere licenza al Malatesta, che in termini quanto bugiardi altrettanto magnifici compilarono amplissima e codardissima. Compilata che fu, intesero affidarla al Carduccio, onde in compagnia di altro commessario gliela recasse; ma egli da quell'uomo astuto che era, presago ormai del futuro, si cansava fuori della sala, aprendo l'animo suo al Castiglione con questo proverbio fiorentino:
Chi ha il lupo per compare, porti il cane sotto il mantello; - e questi stati mi manderebbero a lui con la pecora.
Allora la Signoria ne commise lo incarico a Francesco Zati ed a Andreuolo Niccolini, i quali, comecchè a malincuore, andarono vestiti in abito magistrale, montati sopra due bellissime mule, preceduti da due mazzieri del comune e seguitati dal notaro ser Paolo da Cutignano, affinchè rendesse pubblica testimonianza del fatto.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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