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      Carduccio, comecchè sentisse acerbo dolore per le sue ossa slogate, pure fieramente parlò:
      Avreste dovuto incominciare donde avete terminato, valentuomini; voi avete profferito un giudizio. - Giudici, non sapete che sopra di voi vive un altro giudice? A lui mi appello e vi cito tutti a comparire davanti al suo tribunale prima che passino cinque anni. Rammentatevi del templario Molay(359).
      Ch'è questo?
      domandò trasalendo Antonio degli Alberti percosso da un sinistro fragore.
      Nulla: tentano con la sbarra di ferro le ferrate ai carcerati, per accertarsi che non le abbiano segate per ricuperare la libertà.
      Affrettiamoci dunque: messere Francesco, alzatevi, lasciatemi prendere il vostro posto; ora verranno per me... indossate i miei panni e salvatevi.
      Il Carduccio si alzò e baciò in volto l'Alberti, quindi prese a parlare queste solenni parole:
      Antonio, ascoltatemi. La vita è una grossa moneta che non va sprecata nelle minime cose, ma generosamente spesa nelle grandi. Nè a me la fortuna potrebbe presentare occasione da impiegarla meglio che a rendere abborrita la nascente tirannide. Molti hanno nemici la libertà e la virtù. Ora a quali termini voi le vedreste ridotte, se primi gli amici loro le disertassero? Che direbbe il mondo se, a me solo provvedendo, lasciassi in carcere i compagni? Qual difesa darei se, per salvare me già vecchio e infermo, io non abborrissi dal sacrificare voi giovane e sano? Così, è vero, mi troncheranno la testa, - ma, nell'altro modo, in qual parte io la sottrarei all'infamia?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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