.. e prega."
Pregarono; - nessuno ardiva sturbarli, - e quando si rilevarono, il Carduccio parlò:
Prima di partire salutiamo le nostre dimore. Frate, in carità, porgi la tazza piena del vino dei condannati; - amici, possa io abbracciarvi tra poco alla presenza di Dio. - Ecco io propino, con l'ultimo sorso che beveranno le mie labbra mortali, alla libertà della patria!
Dio salvi la libertà!
risposero gli altri e s'impalmarono a vicenda.
Alcuni dei soldati, mossi da irresistibile impeto, gridarono anch'essi: "Dio salvi la patria!"
E il carnefice stese la mano, ma subito la ritrasse mormorando: "Io sono un abbietto... devo privarli del capo, ma non mi è dato toccarne la destra."
L'occhio del capitano sfolgorò alla vampa delle torcie a vento e valse a impietrire di paura gl'incauti soldati.
Il Gherardi tremava; se gli accosta il Carduccio e gli favella:
Iacopo mio, raccogli tutta la tua virtù... siamo soli, ne circondano le tenebre, e nonpertanto tutto l'universo ci guarda. - Va' tu primo, chè troppo ti recherebbe dolore la vista della strage de' tuoi compagni... mi aspetti la tua anima, chè moveremo compagni al paradiso... va'... va', Iacopo... In questa vita tu lasci gloria immortale... lassù ti aspetta eterna esultanza.
Iacopo Gherardi, infiammato dall'ardente parola, si accosta animoso al ceppo, - si prostra, - vi accomoda sopra la testa.
Il carnefice gli viene attorno dicendo:
No, messere; così male acconsentirebbe la scure, e voi soffrireste troppo.
- E con ambe le mani gli aggiusta il collo sul tronco: pietà di carnefice!
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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