Il Bandino soprastette alquanto maravigliato, poi si accostò spedito, movendo all'intorno insolito strepito a cagione della armatura di che andavano gravi le sue membra. Allora i fanciulli levarono la faccia e, gittando urli spaventosi, fuggirono dalla cappella, non altrimenti che si faccia uno stormo di colombi all'improvviso turbati nei campi dove lì trattiene desio di cibo e di bevanda. Il Bandino sempre più si avvicina, e pargli che la pargola defunta tenga nella sua mano destra, - e certo tiene, - una carta suggellata indiritta a messere Giovanni Bandino, gentiluomo fiorentino. - Tristo messaggiero era quello e apportatore sicuro di sinistre novelle; - esitava a prendere la carta, pure alla fine la tolse, e apertala in furia lesse:
Giovanni!
Non ho più nulla che mi trattenga sopra la terra. Mia madre è morta, - mia figlia, come vedi, morta; - Ludovico Martelli, a me, come fratello, carissimo, anch'egli morto; - tu poi... avventurato te, se fossi morto! - Io rammenterò quei diletti defunti con affanno e con amore, - te poi con vergogna. - Non cercarmi; - io ormai sono fuori della tua potestà; - tu fra te e me ponesti il delitto, - io posi Dio. - E quando pure in te fosse potenza di violare il sacro asilo dove ho preso ricovero, sappi che il campanile della chiesa è smisuratamente alto, ed io, anzichè venire viva in forza tua, mi precipiterei da quello per cadere cadavere informe ai tuoi piedi. - Addio! Io scaverò con le mie ginocchia i gradini dell'altare, - la mia preghiera starà, come la lampada, eterna davanti la immagine della Madre di Dio, affinchè ti tocchi il cuore, e prima di morire tu detesti il tuo fallo.
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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano 1869
pagine 1163 |
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