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      Che arbore è quello sotto cui lo aspetta la Libertà? L'arbore donde i popoli hanno cavato il ceppo e l'arnese su cui deposero il capo Carlo I e Luigi XVI.
      Noi abbiamo bisogno di Roma, imperciocchè lo Spirito del passato trascorrendo sopra le nostre teste ci soffi un'aura di morte; e sembra a noi, che ci vada sobillando dentro gli orecchi dell'uomo fatale il concetto antico del popolo gallo nemico allo opere, e al sangue dei latini: al popolo romano nei delirii della potenza, adesso divisa, sostituirsi il popolo francese; l'aquila di Roma morì senza crede, e fu giusto: nè aquile, nè lioni od altri animali rapaci possono somministrare la insegna a cui intende condurre i popoli a reputarsi figliuoli di un medesimo padre. Dura continua nel mondo la fede nella forza, che regna sul diritto come su di un prigione fatto in guerra. Ciò che fu lusinga di cortigiano, la Francia imperiale si travaglia a ridurre in fatto; ed è, che verun popolo al mondo deva attentarsi a dare fuoco ad un cannone se essa non lo consenta. La Francia imperiale si perigliò nelle contrade rimote del Messico per ferire nel fianco l'America repubblicana, dacchè conosca non potere vivere sicura nel mondo finchè la Libertà, ch'ella simula, messa a confronto della Libertà che prorompe da una Repubblica non comparisca falsa. A questi voli cui arieno bastato appena le ali dell'aquila romana, si logorano quelle della Francia imperiale; le sue penne cascarono; prima che toccassero terra se le portò il vento; solo in Algeria vi si posarono; ma per quanto?


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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