- Verun caso come il presente somministra argomento di paragone migliore per chiarire come la potestā temporale contenda con la spirituale, e la confusione dei fini loro affatto diversi, generi cozzi perpetui, nč rimediabili mai. - Quanti professano la medesima religione si appellano, ed estimansi figli del Dio che venerano e dei suoi sacerdoti, i quali si affermano immagine visibile, o vicarii, o interpreti del Dio invisibile, membri tutti della medesima famiglia spirituale, fratelli nella orazione, partecipi dei sagrifizi, quanti vivono, arbitri accedere nel tempio del Dio vivente e pregare: ciō viene dal diritto della comune religione, e s'intende; ma che di punto in bianco, scambiando lo spirituale col temporale, quanti sono credenti in una fede si tengano signori e padroni della terra dove sorge il tempio od abita il sacerdote del Dio questo non s'intende, e non č.
Un'uomo di molta dottrina, amico mio dilettissimo, e per singolare ventura fratello del Cardinale Viale Prelā, autore del famoso concordato con l'Austria, favellando meco sovente con assai garbo, mi mostrava il partito miserabile, che i Preti di Roma in ogni tempo confondendo le cose dello spirito con le materiali, procacciassero ai proprii interessi sia mediante l'abuso delle metafore, sia con lo equivoco dei traslati, sia con qualunque altro argomento tornasse loro pių a grado; nč solo ne favellava, ma sė ne volle l'ottimo cittadino lasciare ricordo stampato nel suo libro dei Principii delle belle lettere: "dallo abuso delle parole, egli ammonisce, di leggieri si trapassa allo abuso delle idee, ed anco alla pravitā delle opere; cosė, dagli appellativi di gregge, di pastori e simili, attribuiti ai cattolici ed ai sacerdoti loro, ne scappō fuori la conseguenza che la Chiesa possedesse il diritto di ammazzare gli eretici, i quali, a mo' di lupi le insidiavano il gregge; di fatti, il gesuita Salmeron oltre questa, non porta altra ragione per mettere la mano nel sangue: lupos interficendi, idest corporalem vitam hreticis auferendi.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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