Poteste, e sapeste risoluti troncare le gambe all'avventuriere in Aspromonte quando ei si spinse contro Roma, o come non poteste e non sapeste fermarlo quando calò su di me falco rapace per rapire a conto altrui? - Io era un libro bianco; dovevate aspettare prima di gittarmi sul fuoco a vedere che cosa ci avrei scritto: ecco, prima di peccare io mi trovo condannato; l'esilio amaro, il vituperio, forse la morte mi aspetta per colpe non mie. Chè se voi dite tradimento il combattere disperato dei miei, per me lo giudico magnanimo; ad ogni modo egli ebbe inizio dopo non prima la cacciata da casa mia. O che pretendete voi che i miei campioni battaglino alla vostra maniera per darvi agio di vincerli? Forse voi a mo' dei cavalieri antichi rifuggite dagli agguati? Aborronsi da voi tranelli ed insidie? Ogni arme buona in guerra massime in questa slealissima dove le armi ministra il furore. Ah! voi m'infamate ladro, e ladri i miei; restituitemi il regno, e pagherò regolarmente le milizie così, ch'io le dannerò alle debite pene dove commettano la millesima parte di quello che pure fanno le vostre pagate e nudrite su le mie terre col mio. Certo, si capisce, che voi avreste a grado rinvenire pei boschi i miei fedeli morti d'inedia, o attriti dal digiuno in guisa da pigliarli come conigli in parco; grande invero e truculento il misfatto loro non volere finire di fame; hanno torto, ma da necessità costretti dove trovano arraffano: difettano i miei della vostra virtù, e pensano giustificarsi con la sentenza dei pubblicisti, che afferma nei supremi bisogni rivivere la pristina comunione delle cose.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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Aspromonte Roma
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