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      Umilissimi nella cattiva fortuna, nella buona insolenti.
      Ordiscono male col senno, ma tessono bene con la forza.
      Chi vince accorda sempre con loro, chi perde mai, epperò prima di cominciare una impresa bada se ti possa riuscire, e se la ti può riuscire non ti trattenga il pensiero d'impermalirli. Con tutti, massime con loro il traditore è il vinto.
      Vari sono e leggeri; nemici del parlare romano e della fama nostra.
      E non è tutto; pure può bastare; che se taluno screditasse l'autorità del Macchiavello come uomo appassionato o maligno tu credi, che il Macchiavello poteva sentire forse il caldo e il freddo, l'amore, e l'odio in cose di stato no; così vero questo, che gli scrittori francesi o vogli antichi o vogli moderni più gravi accuse articolarono a proprio danno, e le puoi leggere nella storia di Francia del Michelet. Tito Livio attesta i Galli avere in costume rompere la fede per vezzo; nulla contavano le promesse: vanto loro gabbare; e' sembra che i nipoti non abbiano tralignato. -
      Voi vedete quanto grande il debito dei Francesi nel conto che loro aperse la Italia, e delle poste antiche di Carlomagno si tace per compensarle con le antichissime, nostre di Giulio Cesare. Veruno di voi ignora la copia del sangue generoso che ci costò il primo impero: e che importavano a noi le guerre ispaniche, e che le boreali? Con le nostre mani dovemmo fabbricare le nostre catene, però la vittoria, la quale agli altri è madre gioconda di libertà, a noi ribadiva il servaggio. La Francia crescente noi empiva di lutto, tramontante c'involse nella sua ruina; dopochè la Italia venne tratta nell'orbe della Francia mai più fu visto così infelice satellite.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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