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      - Roma t'insegna come gli stati precipitino quando una classe dei cittadini accaparrati per sè gli utili, e il seguito che vengono dai pubblici offici ne pretenda escluse le altre, e i governi diventino consorterie ingiuste sempre per necessità ingiuriose, provocataci, e superbe le quali contese se finiscano con certa maniera di empiastri dove veruna delle parti rimanga soddisfatta è male, e se per tumulti dove scapitino tutte è peggio: guai se mettano capo agli esilii, alle carceri, e al sangue. I Gracchi, come avvertiva il Mirabeau, morendo gittano all'aria un pugno di polvere insanguinata, e da cotesta terra nasce Mario. Mario suscita Silla, quindi a breve Tiberio erede della Repubblica strangolata; poi i Barbari giù dalle Alpi a mo' di Lupi accorrenti all'odore del sangue.
      Quivi Stolone ti si conficca nella mente immagine perenne del plebeo povero abbaiatore dei ricchi, che fa mettere la legge, veruno cittadino si attenti acquistare oltre i cinquecento jugeri di terreno: raccolta poi buona quantità di pecunia ei ne compra mille; nè per onestare la cosa gli giova metterne cinquecento in testa del figliuolo, che posto in accusa da Popilio Lena con la sua medesima legge è condannato.
      Roma per norma al popolo nostro di costume veramente civile, onde come a pietra di paragone ci provi i suoi uomini, ti addita un Marco Rutilio Censorino, il quale eletto per la seconda volta censore raduna il popolo e lo ripiglia severamente perchè con siffatta elezione prolungasse la durata di un ufficio, che i padri ordinarono breve come quello, che conferiva soverchio seguito; un Fabio Massimo cinque volte consolo, ponendo mente il padre, l'avo, e il bisavo avere tenuto il medesimo maestrato, arringare il popolo per dissuaderlo a eleggere il suo figliuolo, non già per manco di virtù, che in lui concorrevano copiosissime, bensì perchè fosse di esempio pessimo il continuato imperio nella medesima famiglia; uno Scipione Affricano, che contrasta al popolo la facoltà d'inalzargli statue, e decretargli qualunque onore o mercede perchè combattendo i nemici della Patria egli compiva il debito di cittadino, e non altro.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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