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      Pipino figlio di Carlo Martello per renunzia di Carlomanno, e per violenza esercitata da lui in danno di Grifone entrambi germani, si fa signore del reame dei Franchi; la cosa gli desta l'uzzolo del titolo, come in altri il titolo mette il prurito della cosa; vuole essere re; e poi vivendo la schiatta venerata dei veri re, come non sono ereditari il valore, e la sapienza, così nè manco codardia, e stoltezza, così ci era da temere, che un qualche generoso spuntasse fuori da cotesta schiatta a mettere il tallo sul vecchio; avanzava la morte, ma subita, perchè tenendo in mano l'aspide intirizzito non sai quando rinfocolato ti arriverà col morso: pigliano vizio gl'indugi. Ostava alla deposizione di Childerico III la fede dei Baroni che gli si reputavano, ed erano legati per giuramento; Pipino propone mandisi a consultare il Papa, inclito per fama di sapienza; nella ignoranza universale chierico voleva dire sapiente; e come la presenza diminuisce la reputazione, la lontananza l'aumenta, però i responsi di Roma tenuti per giunta ai precetti del decalogo; piacque il partito e si spedirono a Roma san Burcardo vescovo di Visburgo, e Fubrado cappellano del palazzo. Il quesito questo: "chi ha da essere re di un popolo, o quegli che avendo il titolo non ne possiede la capacità e la potenza o viceversa?" Naturalmente il Papa non fu col diritto, bensì con la forza; anzi per appiccare lo addentellato invece di parere il Papa dettò un decreto, ed invece di parole declarative egli le adoperò imperatorie; chiesero un consiglio ed egli diede un permesso; ci aggiunse per fare vie più solenne l'atto la necessità della consacrazione, e di vero una volta consacrò Pipino a Soissons con la moglie Bertrada san Bonifacio arcivescovo di Magonza; e notai a posta una volta, perchè come se il chiodo non reggesse lo ribadirono con una seconda consacrazione.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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