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      Oltre il naturale talento che ha l'uomo di rifarsi, cruciava Astolfo il pensiero del tiro del prete, e della ingratitudine di Pipino; i suoi antecessori, ed egli per virtù di armi avevano conquistato le città italiche contro l'imperatore greco, ed ora costretto di consegnarle al Papa conosceva avere messo sangue, e sostanza a repentaglio per avanzare altrui: per maggiore cordoglio questo gli veniva per opera di tale a cui Liutprando aveva salvato il padre in battaglia, e lui stesso adottato per figlio: però agevole prevedersi che egli non avria levato la mano finchè gliela reggevano; di fatti, volte appena le spalle Pipino, Astolfo tempestando muove a Roma fiducioso di trovare favorevoli i Romani; e s'ingannò; i Romani sostennero lo sforzo delle armi dei Langobardi confidando essere soccorsi in tempo da Pipino. Ora se il Papa battesse mani e piedi perchè costui tornasse non è da dire; scritta una prima lettera gliela manda per l'abate Fulbrado: invocansi Dio, la Vergine, e i Santi; lasci ogni cosa e venga via di rincorsa; se ricusa, o se tarda nel dì del giudizio si aspetti a rendere i conti, ed ahi! quanto tremendi, imperciocchè Dio nella sua prescienza creasse proprio apposta lui Pipino onde difendesse lui Stefano, e cui Dio predestinava chiamò, e i chiamati sono giustificati. Poteva essere giunto a mezza strada il messo, che gli spedisce dietro Vilcano vescovo di Nomenta con la seconda lettera, dove ripetute le esortazioni, e minacce medesime aggiunge: avere obbligo verso i Santi della difesa del Papa; verso Dio dacchè egli poteva ottimamente provvedere al fatto suo in cento altre mila guise; ma poichè egli aveva scelto proprio lui Pipino a questo intento egli non se ne poteva scansare: verso gli uomini a cagione dell'aperta promessa alla quale venendo meno stesse sicuro, che gliela squadernerebbe in faccia San Pietro, ed a difendersi non gli basterebbero arzigogoli.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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