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      Il Papa tirava, Pipino tentennava, Astolfo picchiava a doppio; allora Stefano invia la terza lettera con gli oratori Vescovo Giorgio, Conte Tomarico, ed Abate Verniero; pianti, omei, supplicazioni, e minacce non mancano; ma per mettere in opera stimolo nuovo, Stefano s'industria spunzicchiare l'orgoglio franco scrivendo come i Longobardi jattanti vadano attorno beffando: "vengano via quei di Francia a liberarvi dalle nostre mani!" e poi tra un turbine di accuse scappa fuori con questi due appunti: "i Longobardi dopo essersi ripinzi di vino, e di cibo mangiano le ostie consacrate, ed hanno ammazzato e portato via tutto il bestiame della Santa Sede!
      Ma Pipino non veniva: ormai di argomenti umani il Papa era giunto al verde; e' fu mestieri ricorrere ai soprannaturali, che non riescono mica difficili come ordinariamente si crede; su questa strada basta avere il coraggio di movere un passo che poi si va innanzi a miglia senza nč manco accorgersene: il Papa smette pertanto di scrivere, e comincia San Pietro. Questi piglia le mosse coll'affermare sapersi nell'universo mondo presente e in quell'altro essere i Franchi suoi figli adottivi, e primo fra tutti i popoli fino alla consumazione dei secoli; nč egli parlare in suo nome solo, bensė anco in quello della Vergine, degli Angioli, dei Troni, delle Dominazioni, dei Martiri, dei Confessori, di tutta insomma la milizia celeste; e non parla unicamente al re Pipino, ma bene anco ai baroni, vescovi, abati, preti, monaci, governatori, all'universo popolo senza pure ometterne uno solo, e impone a quanti sono, che badino bene di non lasciare manomettere il gregge di Cristo, il popolo d'Isdraele, altrimente non ci ha rimedio, le anime loro andranno perdute nel fuoco eterno, ed egli saperlo di certo; nel regno dei cieli bisogna renunzino a entrare perchč cosė aveva disposto la santissima Trinitā, e ad ogni modo era forza fare i conti con lui, che teneva le chiavi del paradiso, e ci pensassero bene.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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