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      Infami e peggio anco a mente degli scrittori ecclesiastici, imperciocchè la Chiesa sia tolta in cotesta miserabile menzogna a significare non già l'assemblea dei Fedeli, ma i beni temporali uniti al Papato, il gregge di Cristo non accenni ad anime, sibbene a corpi, le promesse materiali della legge antica vadano confuse con le spirituali del Vangelo, la religione con l'interesse; e quello che per avventura estimo peggio di questo, affogano scientemente nello errore gl'intelletti, i quali Dio commetteva al Sacerdote per incamminarli sopra la via della verità. A cotesti tempi non si sospettavano frodi, o da pochi; però se dannoso crederle, più esiziale discrederle, che tra i pazzi è pazzo il savio; ma forse ci prestava fede Pipino, nè diverso da lui nel credere fandonie Astolfo, però che si narri ch'ei si raffidasse vincere la impresa, come quello che portando seco copia di corpi santi dei suoi stati, e raccolti eziandio dalle terre nemiche immaginava avere sprovvisto il Papa degli dei tutelari, ed assicuratili a sè. Tornò in Italia Pipino, vinse da capo Astolfo, e da capo l'assediò in Pavia: quivi si fece accordo; in mezzo ai negoziati ecco comparire i nunzi greci Gregorio primo segretario, e Giovanni Silenziario, ed esporre il greco imperatore legittimo sovrano dell'Esarcato, e della Pentapoli, a lui averli rapiti con violenza i Longobardi, e poichè riparatore d'ingiustizie ei si mostrava al mondo non le rincappellasse col dare al Papa, levandolo allo imperatore, quello che non gli apparteneva.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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