I Cardinali si affrettano a dargli per successore Cosimo Migliorati di Sulmona, che assume nome d'Innocenzio VII.
E si affrettarono perchè il popolo tumultuante gridava: libertà. Certo se il popolo per genio proprio avesse appetito la libertà ei l'acquistava, ma ciò faceva per istigazione del re Ladislao(136), e ormai per mille prove si era visto, che la libertà in mano al principe è quasi una chiave per aprire la porta della tirannide, e dopo quel tempo per altrettante prove è rimasto confermato; ma il popolo non lo aveva per anco conosciuto, nè sembra lo conosca neppure adesso. Ladislao poi non si stava a minaccie, ma con molta copia di armati si accosta a Roma: gli resiste Innocenzo, e ributta il re con la peggio dagli assalti notturni: mentre però apparecchiansi nuove battaglie taluni cittadini non avversi, anzi parecchi al Papa divotissimi, si recano al campo nemico per vedere se ci fosse via per comporsi; di ciò piglia sospetto Luigi Migliorati nipote del Papa, e poichè il sospetto nell'anima del folle armato è morte pel sospettato, al ritorno ei gli agguanta, e ammazza; da ciò un tumulto d'inferno, onde il Papa riesce con istento a salvarsi in Viterbo. Ladislao entra in Roma sovvenuto dai Colonna e dai Savelli, i quali aristocratici essendo furono allora come sempre compari dei tiranni; ma il popolo non intende barattare una servitù con un'altra e delle due men trista la papale; e allora forse era così; prese pertanto le armi si azzuffano popolo e soldati regi e per tutto un dì combattono; verso sera i regi piegano, Ladislao è cacciato fuori delle mura, non prima però, che come testimonio col quale intendeva reggere i nuovi sudditi amatissimi, non avesse appiccato il fuoco a quattro quartieri di Roma.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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