Più tardi questo Papa leggero e tristo spaventato da falsi rapporti ripiglia il Platina, bandisce parecchi cortigiani, e cittadini, tormenta i fratelli Quadrari, fa il diavolo e peggio; poi conosciuto a prova essere stato giuntato perdona raro, ed alle preci altrui per mostrare di avere avuto ragione; e questa la non è colpa speciale sua bensì di tutti quelli, che dominando assoluto devono fare grande fondamento sopra la superbia. Per converso questo Paolo si dilettò stupendamente di giuochi, e di uomini vulgari; in occasione della pace fra il duca di Milano, e i Veneziani ei fece correre pali da vecchi, da uomini di età mezzana, e da fanciulli; dopo questi corsero giudei (che uomini allora non si reputavano) prima costretti a bere vino in copia perchè traballassero, poi cavalli, cavalle, asini, e buffali; il Papa contento, e per soverchio riso lacrimante, donava a cui fieno e a cui grossoni. In cima dei suoi affetti tenne un Priabisio, e un Malacarne, di loro professione giullari, e dopo essi in minor luogo altri buffoni. Non gli mancarono buone doti, come la larghezza, e la storia ricorda com'ei fosse prodigo donatore di teriaca: ai Cardinali donò la facoltà di vestire panni purpurei, e portare berretto vermiglio, e cappello foderato di mantino pure rosso; ai Cardinali poveri assegnò quello che chiamano piatto, il popolo imbestiò coi congiari; morì di apoplessia, e sarebbe stato meglio non fosse mai nato.
Di male in peggio, finchè si giunga al pessimo: ebbe Sisto IV della Rovere il papato per simonia; è certo, che i tesori accumulati da Paolo arrapinasse; ma le sono inezie da non ci badare; se da lui non comincia il nipotismo, da lui certo piglia a gettare cupido gli occhi sopra gli stati della Chiesa, e dei vicini, e voler diventare principe di corona: ebbe nipoti molti, che amò di amore disordinato, dicono, taluno d'infame; ma siffatte nequizie se non provate bene voglionsi rigettare; veramente non isperimentiamo buoni gli uomini, massime preti, ma ritraendoli peggiori di quello, che sono non se ne avvantaggia la Storia.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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