Le sorti di Francia veramente toccarono il fondo, ma quivi si rifecero, secondochè la favola immagina del titano Anteo, e con la Tremoglia si avventura a nuovo esperimento; da una parte, e dall'altra avendo sete del Papa, gli profferiscono mirabilia per tirarselo a sè, ed egli col Valentino in mezzo a mettersi allo incanto e a succhiellare la carta; le proposte più turpi si volsero alla Francia, e questa tutta ingolfata nell'interesse presente, non curando vergogna le accettava; ma Valentino provato il terreno sollo a ingolare la vanga, armeggia a ficcarci ancora il manico; la sorte sul più bello gli fece la cilecca, il Papa morì, ed egli stette a un pelo di tenergli dietro.
Di queste trappole non appunteremo costoro; a quei tempi o farle o patirle, ed anco ai nostri così; il Papato diventato cosa terrena si schermisce con le industrie persuase dai tempi, e dagli uomini: però cosa iniqua non per chi presume rappresentare Cristo, bensì per ogni creatura umana la smania di arraffare la roba altrui, e il modo per venirne a capo.
A mano a mano che divoravano in cotesti maligni crebbe la fame come sempre nei cupidi accadde; per ora basta Romagna, più tardi la Toscana, e se la morte non troncava i disegni non si sarieno contentati dell'Italia. Concetto pari ebbe Sisto IV. ma non potè dargli fondamento, quindi essendo il fabbricato da lui ostacolo allo edifizio dei Borgia, ebbe a crollare. Parte dei principi di Romagna, i Bentivoglio, e gli Orsini confidavano nella protezione della Francia, ma re Luigi bisognoso di tenersi bene edificati il Papa, e il Valentino di un tratto significa loro, chi può salvarsi si salvi, non potere egli nè dovere pregiudicare i diritti della Chiesa.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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