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Quando il Caraffa tornò, il Papa era sfidato, e il Valentino preso da atroci dolori rotolandosi per la terra mugliava. Morto il Papa veruno prendeva cura dei suoi funerali: i congiunti e gli aderenti suoi atterriti del presente, e paurosi del peggio con la fuga, o col nascondersi si procacciavano salute; il vice cancelliere intimò l'associazione: andarono tutti mossi dalla novità del caso, ma entrati appena nella Chiesa di san Pietro il popolo fatto impeto per arraffare le torce al clero lo sbarattò, ed egli corse a ripararsi in sagrestia; rimasto il cadavere in mano alla moltitudine gli si assiepa dintorno per imprecargli l'eterna dannazione; se non che vistolo orribilmente deforme, gonfiato, e nero, con la bocca aperta, la lingua fuori ciondoloni, colante tabe dal naso, e contristata dallo insopportabile fetore scappò via senza potere profferire parola. Sulle prime ore della sera taluni tristacci a ciò comandati lo cacciano dentro alla cassa e poichè per la gonfiezza a stento ci capiva, con istrazi, e con iscede lo rincalcavano.
Oltre ai raccontati, per adunare i danari, ricorse ad altri partiti, e furono imporre gravissima tassa agli ebrei sotto colore della guerra contro il Turco, e col medesimo pretesto volle la decima delle rendite ecclesiastiche non eccettuato Cardinali, nè monasteri, e poi invece che guerreggiare il Turco non una ma due volte lo salutò amico, e ne supplicava i soccorsi; una cosa ordinò contro i Turchi, e fu l'obbligo di recitare in confusione di loro l'Ave Maria al suono di mezzogiorno.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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