Strana la ventura di Parma e di Piacenza prese e riprese più che non fu il corpo di Patroclo tra Greci e Trojani; le arraffò Papa Giulio non già a nemico bensì ad amico, e confederato, a Massimiliano Sforza durante la santa lega, allegando avere esse ab antiquo fatto parte dello esarcato di Ravenna largito da Carlo magno alla Chiesa, la quale cosa nè era, nè egli poteva supporre vera. Morto Giulio queste due città pei conforti di Raimondo da Cardona rientravano in obbedienza del duca; ma appena esaltato Lione, esperto, che quanto è buono a pigliarsi è buono del pari a tenersi, le rivuole ad ogni patto; anch'egli metteva fuori il non possumus patire diminuito il retaggio di S. Pietro trasmessogli dai suoi antecessori, ma dopo pochi anni le rendeva ed ecco come: ciondolando sempre il Papa stava tra gli avversi alla Francia quando Francesco I sceso in Italia vinse a Marignano; il Papa si teneva per ispacciato, mal potendo comecchè prete capacitarsi che il re di Francia, potendo ristorare Firenze degl'immensi mali patiti per Francia, non lo volesse fare cacciandone via i Medici, e restituendola a libertà; ma se i re accettano aiuti anche dalle repubbliche non per questo renunziano ad ammazzarle quando ne capiti loro il destro; quindi ora messo pacieri tramezzo rinvenne il terreno morvido circa a lasciare incolume sè, e i suoi nella tirannide della Patria, anzi il re gliela garentiva; allora Lione sicuro da questa parte s'industria tentare gli Svizzeri, l'imperatore Massimiliano, e i Veneziani affinchè continuino la guerra; riuscita invano ogni arte rende al duca di Milano Parma e Piacenza a patto, che oltre l'accerto di Firenze egli concedesse a Lorenzo pensioni, condotta di milizia, ed obbligasse Milano a provvedere sale alle saline di Cervia: vedremo sul declinare della sua vita il Papa riagguantarle da capo, anzi somministrare, come affermano alcuni, argomento alla sua morte.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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