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      L'Inglese dabbene tratto dalla manìa di lodare il suo eroe non bada che quel povero Barballo abate fosse, e come pure ci ricorda il Giovio, di sessanta anni vecchio, per aspetto venerabile, e di capelli canuti, nè che per cotesto strazio crudele in lui restasse spento quel po' di lume d'intelletto, onde l'uomo fa fede della sua origine celeste(144). In somma chiunque si assettasse sopra la cattedra di S. Pietro se tristo diventava immane, se comportabile tristo, lo inculto selvatico, il culto vulgare: pareva, che un'aere pestilenziale si respirasse in coteste sedi sublimi; leggesi come Lione assai si commovesse quando Lutero accennò ai costumi pieni di obbrobrio della Chiesa romana, allorchè poi prese ad assalire il dogma assai se ne rallegrasse: "costui ha tolto" corre fama ch'ei dicesse, "costui ha tolto a dare di scure al ceppo; "più forti braccia che non sono le sue ci si ruppero, e ci si romperanno." Lione s'ingannò; sagace era, ma la troppa fiducia illude i meglio avvisati; sicchè i preti andranno in fondo per sempre esclamando, che la bandiera del diavolo non prevarrà; che se questa superbia non faceva velo a Lione avrebbe veduto la necessità appunto di stringere le redini dello spirituale; imperciocchè mentre il papato insaniva dietro i beni terreni, ed i vani diletti, i principi laici per incalzarlo meglio delle cose dell'anima neglette si prevalevano a loro pro; di vero Carlo VIII assai si avvantaggiava del Savonarola contro Alessandro VI, Luigi XII per mettere Giulio II a partito convocò il Concilio di Pisa.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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